Trent’anni fa la tragica alluvione in Valtellina
In poche ore sulle Alpi centrali si accumulò una enorme quantità di pioggia: frane, smottamenti e esondazioni causarono 53 vittime. Tra il 18 e il 28 luglio del 1987 l’alluvione in Valtellina segnò in modo drammatico la storia del nostro Paese. Dopo una fase con piogge eccezionalmente abbondanti il terreno non riuscì a reggere l’enorme quantità di acqua e si scatenò un inferno fatto di esondazioni, crolli, smottamenti ed enormi frane che sfregiarono la terra, cambiando per sempre la morfologia della zona. “Un’alluvione scatenata dall’irruzione di fresche correnti atlantiche che, scontrandosi con correnti più calde e umide provenienti da Sud, favorirono la formazione di numerosi violenti temporali su gran parte dell’Arco Alpino e in particolare sulle Alpi Centrali, dove la pioggia cadde con insistenza per 3 giorni di fila. Piogge eccezionali soprattutto nella giornata di sabato 18, quando in alcune località caddero più di 300 mm di pioggia in appena 24 ore”, spiega Andrea Giuliacci.
Il bilancio finale fu gravissimo: 53 morti, danni per circa 4000 miliardi di lire, 341 abitazioni distrutte, 1.545 danneggiate e circa 25mila sfollati. Ma vediamo di capire meglio cosa accadde in quei tragici giorni. Dopo un tranquillo periodo con l’alta pressione, a partire dal 16 luglio una perturbazione atlantica accompagnata da aria più fresca e instabile iniziò a portare intense precipitazioni sul settore alpino. Il richiamo di aria umida da Sud e l’arrivo di correnti più fresche vide il contrasto maggiore proprio nel settore della Valtellina. Tra il 17 e il 18 luglio forti temporali continuarono ad abbattersi nelle stesse zone e sulle montagne valtellinesi si accumularono quantità di pioggia eccezionali: oltre 300 litri per metro quadrato nel giro di 24 ore nella zona della Val Caronno.
Nel tardo pomeriggio del 18 luglio una frana investì prima un condominio e poi un albergo in Val Tartano, causando la morte di 11 persone. Enormi quantità di acqua e fango invasero grandi porzioni del territorio della Provincia di Sondrio travolgendo case, cascine, industrie e causando l’interruzione delle vie di comunicazione. L’opera dei soccorritori fu rapida e preziosa: iniziarono immediatamente le operazioni di evacuazione di interi Paesi. Nei giorni successivi sul Monte Zandila, in Val di Pola, una frattura molto estesa del terreno destò una nuova, grandissima preoccupazione. Le evacuazioni si intensificarono salvando la vita a centinaia di persone. Come si temeva, infatti, una gigantesca frana di 40 milioni di metri cubi di terra si staccò dalla montagna, piombando su alcuni Paesi, già evacuati in precedenza. La forza della frana, con lo spostamento d’aria generato dalla terra, risalì per alcune centinaia di metri sulla sponda opposta della montagna, investendo in pieno una squadra di operai al lavoro per il ripristino della SS 38 e alcuni abitanti della frazione di Aquilone, non sfollati in precedenza perché ritenuti in una zona sicura. I detriti di questa enorme frana alti fino a 50 metri riuscirono a interrompere il corso del fiume Adda, con le acque che si accumularono in un lago. Con un difficile e pericoloso intervento di tracimazione controllata solo alla fine di agosto la situazione tornò sotto controllo.
I rischi legati al dissesto idrogeologico del nostro Paese, emergono con una costanza sempre più preoccupante. Tra gli effetti dei cambiamenti climatici in atto c’è anche l’intensificazione dei fenomeni estremi che ricorrono sempre con maggior frequenza.