L’impatto dei cambiamenti climatici sulle città: Legambiente presenta i dati aggiornati e la mappa
In Italia, negli ultimi 8 anni, si sono verificati 340 eventi meteorologici estremi; 157 le vittime del maltempo. Tra il 2005 e il 2016 le ondate di calore hanno causato ben 23.880 vittime, andando a colpire 23 città italiane.
Nuovi dati e la mappa aggiornata sul rischio climatico con cui ormai, inesorabilmente, l’Italia si trova a far fronte. Li ha presentati Legambiente, grazie a un lavoro realizzato in collaborazione con Unipol Gruppo. I dati, contenuti nel dossier Sos acqua: nubifragi, siccità, ondate di calore. Le città alla sfida del clima, sono stati riportati nella mappa del rischio climatico su www.cittaclima.it, portale che si propone di raccogliere e collocare geograficamente i danni provocati in Italia dai fenomeni climatici. “La mappa del rischio climatico- spiegano i responsabili del sito- aiuta a comprendere quanto sta avvenendo nel territorio italiano, perché raccoglie e elabora informazioni sugli impatti degli eventi climatici nei confronti di aree urbane, infrastrutture, beni storici.
La mappa prende in considerazione gli episodi avvenuti dal 2010 che hanno provocato danni, per cominciare a creare una prima carta della geografia del rischio del nostro Paese. Obiettivo della mappa è capire dove e come i fenomeni si ripetono con maggiore frequenza e analizzare gli impatti provocati andando anche a verificare le differenze con il passato, in modo da evidenziare, laddove possibile, il rapporto tra accelerazione dei processi climatici e problematiche legate a fattori insediativi o infrastrutturali nel territorio italiano”.
È innegabile come, purtroppo, anno dopo anno si ripetano eventi meteorologici sempre più intensi fino ad essere classificati come “eventi estremi”. Nubifragi, siccità, ondate di calore: tutti fenomeni che traggono, per buona parte, origine dai cambiamenti climatici. Non a caso, tema centrale del dossier che Legambiente ha presentato a Roma è proprio quello dell’acqua, elemento di fondamentale importanza per la sopravvivenza della popolazione ma, al contempo, fonte di rischio estremo in occasione di eventi come alluvioni o inondazioni.
I dati sono allarmanti. Negli ultimi 8 anni i fenomeni meteorologici estremi sono stati 340 e hanno colpito ben 198 comuni italiani. Le vittime del maltempo, dal 2010, sono state 157; gli evacuati oltre 45mila (fonte: CNR). I casi di danni a infrastrutture a causa delle piogge intense sono risultati 109. A tali conteggi si aggiungono i 64 giorni di blackout e i 64 giorni di blocco a treni urbani e metropolitane (uno stop così suddiviso: 23 giorni a Roma, 15 a Milano, 11 a Genova, 9 a Napoli, 5 a Torino, 1 a Brescia).
Dopo il maltempo, il caldo. Le temperature più elevate si sono registrate nel 2016, l’anno più caldo di sempre, sia a livello terrestre che di riscaldamento degli oceani (da quando, cioè, nel 1880 è partita la misurazione delle temperature terrestri). Il secondo posto spetta al successivo 2017. Tra il 2005 e il 2016 le ondate di calore hanno causato 23.880 vittime, andando a colpire 23 città italiane (a Roma, nel 2000, le persone morte a causa del caldo intenso sono state ben 7.700). Chi non ricorda, d’altra parte, il giugno del 2017, con l’interminabile siccità, le terribili ondate di calore e, infine, le alluvioni che hanno distrutto intere località, mettendo tra il resto in ginocchio la città di Livorno.
Nel 2017 la portata media annuale dei quattro principali fiumi italiani (il Po, l’Adige, il Tevere e l’Arno) ha registrato una diminuzione del 39,6% rispetto alla media del periodo 1981-2010. Il Lago di Bracciano ha visto calare il suo livello di oltre un metro e mezzo (160 centimetri). Molte regioni hanno dichiarato lo stato di crisi idrica, mentre a Roma si è registrato un deficit di piogge dell’82%. In un contesto del genere, risulta eclatante il dato che riguarda lo spreco di acqua: nel 2015 è stato disperso il 38,2% dell’acqua immessa nelle rete distributiva: parliamo di un quantitativo in grado di soddisfare la necessità annuale di ben 10 milioni di persone. Legambiente si è dunque mobilitata: grazie a “Un mondo di gocce”, campagna nazionale lanciata con la collaborazione di Fondazione con il Sud, l’associazione ambientalista si propone di promuovere un utilizzo sostenibile delle risorse idriche attraverso l’impiego di un nuovo, più razionale modello di gestione dell’acqua.
L’osservatorio di Legambiente analizza quindi gli effetti determinati dal consumo e dall’impermeabilizzazione del suolo. L’Italia, purtroppo, da questo punto di vista risulta uno tra i Paesi maggiormente in pericolo. Il rischio idrogeologico colpisce infatti 7.145 comuni italiani, ossia l’88% del totale. Oltre 7 milioni di italiani risiedono in queste zone. Dal 2008 al 2018 i comuni che hanno edificato in aree a rischio sono stati il 9,3%, per un totale di 136 amministrazioni: tutte aree nelle quali, in base alla normativa in vigore, è vietato edificare.
A risentire direttamente di tale situazione è anche l’economia. Dal 1944 al 2012 l’Italia ha speso 61,5 miliardi di euro a causa dei danni provocati da eventi meteorologici estremi. Il nostro Paese risulta tra le prime nazioni al mondo nella classifica dei risarcimenti per danni da dissesto idrogeologico. Dal 1945, infatti, l’Italia paga annualmente una media di 3,5 miliardi di euro.
“Per concretizzare la lotta ai cambiamenti climatici occorre dar avvio ad interventi rapidi e politiche di adattamento a partire dai grandi centri urbani attraverso nuove strategie, risorse economiche e un indirizzo forte a livello nazionale”. È questo il parere di Giorgio Zampetti, direttore generale di Legambiente, che aggiunge: “I tradizionali interventi strutturali devono lasciare sempre più spazio a nuovi piani che tengano conto di equilibri climatici ed ecologici complessi”. L’Italia, infatti, ha bisogno di incrementare le politiche di mitigazione del clima e di riduzione del rischio idrogeologico. “Il Paese – prosegue il Presidente – ha bisogno di accelerare nelle politiche di mitigazione del clima e di riduzione del rischio sul territorio, ancora troppo frammentate, per invertire la curva delle emissioni di gas serra come previsto dall’Accordo di Parigi; ma prima di tutto vanno preparati i territori, le aree agricole e le città. Non esistono più alibi o scuse per rimanere fermi: disponiamo di competenze tecnologie per aiutare i territori e le città ad adattarsi ai cambiamenti climatici e mettere in sicurezza le persone”.
Ecco, dunque, la necessità di precisi e concreti interventi, mirati ad aumentare la resilienza delle città. Tra questi, la messa in sicurezza delle aree urbane a rischio, la delocalizzazione degli edifici costruiti in zone a rischio, un rafforzato monitoraggio dell’impatto sanitario che i cambiamenti climatici hanno sulla popolazione e, infine, l’approvazione di un regolamento nazionale per l’adattamento climatico. Attraverso tale nuovo regolamento ci si propone di salvaguardare la permeabilità del terreno nelle aree urbane, utilizzare materiali in grado di ridurre l’effetto “isola di calore” nelle grandi città, recuperare, riutilizzare e risparmiare l’acqua, vietare l’uso dei piani interrati per le abitazioni, progettare interventi di miglioramento degli spazi pubblici. Tutti provvedimenti che molte città europee (da Barcellona a Copenaghen fino a Rotterdam) hanno già adottato con grande successo. L’augurio è che l’Italia riesca a fare altrettanto.