Energia: il tesoro nel mare della Sardegna
Il potenziale energetico del mare della Sardegna è di 13 chilowatt per metro di costa: un vero e proprio tesoro che può fare di quest’area il giacimento di energia green più grande del Mediterraneo. È quanto emerge dall’analisi realizzata dall’Agenzia per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo sostenibile, ENEA, secondo cui la produzione maggiore di energia potrebbe avvenire nell’area sud-ovest e nord-occidentale della Sardegna, nei pressi di Alghero (SS).
Secondo le elaborazioni dell’ENEA, il potenziale energetico del mare della Sardegna occidentale è molto simile a quello degli Stati europei più all’avanguardia nello sviluppo di energia green proveniente dalla fonte rinnovabile del mare, come la Danimarca. Lungo le altre coste italiane il potenziale energetico è decisamente inferiore a quello sardo. Nel canale di Sicilia è circa la metà, 7 kW per metro di costa, e ulteriormente inferiore quello di altre aree: 3 kW/m il potenziale di Ionio e medio Tirreno, solo 2 kW/m la media di quello dell’Adriatico.
La produzione di energia dal mare attualmente soddisfa solo lo 0,02% della domanda energetica europea, ma permetterebbe di ridurre in modo significativo la dipendenza dalle importazioni di combustibili fossili e le emissioni di anidride carbonica. Secondo le stime dell’Unione Europea, investire nell’energia green prodotta dal mare sarebbe una grande opportunità anche dal punto di vista economico. Per il 2050 permetterebbe di creare un mercato da oltre 50 miliardi di euro l’anno e 450 mila nuovi posti di lavoro.
Come si produce energia dal mare?
L’energia green prodotta attraverso il mare è una delle cosiddette “rinnovabili” o energie “alternative” e deriva dal moto delle onde. Per produrla, si sfrutta l’energia cinetica contenuta nel moto ondoso. A differenza di quanto avviene per l’energia solare e quella eolica, l’energia delle onde può contare su un sistema di accumulo naturale di energia: le onde stesse. In Italia, ENEA e il Politecnico di Torino sono al lavoro per sviluppare una tecnologia pensata appositamente per le onde del mar Mediterraneo, che sono di altezza inferiore rispetto a quelle dell’oceano, ma più frequenti. Gianmaria Sannino, ricercatore ENEA che ha curato lo studio, sottolinea che questi dispositivi non avrebbero un impatto significativo sul paesaggio, dato che sono parzialmente sommersi. Sarebbero d’aiuto anche per contrastare l’erosione della costa riducendo l’energia delle onde che la raggiungono.